Categoria: Gourmet

Grano per pastiera: come cuocerlo e con cosa sostituirlo

grano per pastiera

Il grano è uno degli ingredienti principali della pastiera, ed è quello che richiede sicuramente più attenzione nella sua lavorazione.

La parte della ricetta che riguarda il grano è infatti sicuramente quella più lunga e complicata, almeno che non si voglia acquistare il grano per pastiera già pronto in barattolo. Ma se siete arrivati qui sicuramente state cercando qualche informazione in più su come cuocere il grano e con cosa sostituirlo.

Partiamo dalla mia esperienza: l’ho già raccontato nella ricetta della pastiera, ma riassumo qui; per tanti anni ho litigato un po’ con questo grano tenero bio in grani, per la pastiera: a volte perchè mi dimenticavo il lungo ammollo e quindi ero in ritardo con tutti gli altri tempi, a volte perchè alcuni chicchi nonostante l’ammollo rimanevano durissimi, e quindi dopo aver faticato tanto a fare la pastiera bisognava togliere questi chicchi fastidiosi. A volte perchè nonostante il passaggio nel passaverdure non raggiungevo mai la cremosità che tutti vogliamo nella pastiera, a volte perchè semplicemente non lo trovavo.

E l’ultima volta ho deciso che era ora di abbandonare il grano e passare al farro.

La sostituzione è stata semplice e indolore: il farro e il grano sono entrambi tipi di cereali appartenenti alla famiglia delle graminacee, sono adatti alle stesse lavorazioni; il farro inoltre è più ricco di fibre, proteine e alcune vitamine e minerali rispetto al grano comune, quindi altri vantaggi a suo favore.

Ma ne voglio aggiungere ancora uno, quello principale nella preparazione di un dolce complesso come la pastiera: il farro bio integrale che utilizzo non necessita ammollo, e si cuoce in 20-25 minuti.

Cottura del farro per pastiera

Il procedimento di cottura quindi diventa semplicissimo: sciacquate velocemente il farro, mettetelo in una pentola in acqua fredda, portate l’acqua a bollore e lasciate cuocere per 20-25 minuti.

    Lasciatelo raffreddare a lungo, meglio se tutta la notte. A questo punto si può procedere con la bollitura con gli altri ingredienti, quindi lo rimettiamo sul fuoco con latte, buccia di limone, cannella e burro e lo lasciamo bollire fino a quando il liquido non si esaurisce.

    • 700 g di farro cotto
    • 500 ml di latte intero
    • la buccia grattugiata di un limone
    • 30 g di burro
    • 1 pizzico di cannella

    Una volta raffreddato metà del farro deve essere passato con il passaverdure, mentre l’altra metà può rimanere in chicchi.

    Nella foto di copertina le pastiere della Pasqua 2024, con farro.

    Come appendere il panettone a testa in giù

    come appendere panettone

    Noi che vogliamo farci il panettone fatto in casa dobbiamo affrontare una lunga lista di problemi: gli ingredienti, la lievitazione, la cottura. E se alcuni di questi problemi possiamo risolverli con esperienza e un po’ di accorgimenti, il dilemma di come appendere il panettone a testa in giù rimane per molti.

    Si perchè le gabbie di raffreddamento professionali, quelli che vediamo nei video dei nostri pasticcieri preferiti, non sono proprio un pezzo di arredamento casalingo, e richiedono un investimento notevole.

    Sembra però che qualcuno stia pensando anche a noi poveri artigiani del panettone casalingo, e questo anno si trovano online alcune soluzioni a prezzi interessanti.

    Attenzione, questi attrezzi che abbiamo trovato non li abbiamo ancora provati, perchè questo anno non riusciremo a produrre il nostro amato panettone, a causa di problemi tecnici del nostro forno. A questo proposito invito l’assistenza, se legge questo articolo, a procurarsi in fretta il pezzo di ricambio, altrimenti rischiamo di rinunciare anche alla lasagna del 25 dicembre.

    Ma tornando ai nostri attrezzi di raffreddamento del panettone, ecco le novità di cui vi parlavo:

    Tino, l’amico del pirottino! Il nome è molto carino, speriamo che le sue funzionalità siano altrettanto carine. In pratica si tratta di due spilloni autoportanti in acciaio inox adattabili sia al panettone alto che quello basso.

    La teglia girapanettoni. In questo caso si tratta di una teglia vera e propria, purtroppo disponibile solo nelle dimensioni del forno standard.

    La teglia si usa normalmente per cuocere e gli spilloni forniti vanno inseriti prima di mettere in cottura il panettone (si lo so, non piace molto neanche a me, ma sembra che funzioni). La teglia inoltre è pensata anche per chi vuole produrre più di un panettone, poichè è impilabile: potete comprarne due o più e fare una grande piramide di lievitati rovesciati, o ancora meglio, un albero di panettoni rovesciati, pronti per essere assaggiati a Natale.

    Quando fare la pastiera? Ricetta e tempi

    quando fare la pastiera

    La cucina a casa nostra non è molto tradizionale, ma per i dolci delle feste non c’è alternativa che tenga. E quindi non è Natale senza panettone, e non è Pasqua senza la pastiera (e anche la pizza di formaggio, la colomba e la pizza a solchi, certamente). Anche se non è un dolce tradizionale delle nostre parti (dove impera la pizza a solchi da mangiare con il salame) ci piace tantissimo e quindi non possiamo fare a meno di autoprodurla.

    Ma quando fare la pastiera per mangiarla a Pasqua? Anche qui, come per il panettone, è necessario partire con i tempi giusti, non tanto per la lievitazione (che non c’è in questo caso) quanto per preparare il grano e poi per lasciare riposare, come da tradizione, la pastiera.

    Dunque tenendo conto che la pastiera deve riposare almeno un paio di giorni dopo la cottura per arrivare al massimo del suo sapore e mettendo nel conto i 3 giorni di ammollo del grano, un altro giorno di riposo, un giorno per impastare, bisogna partire almeno una settimana prima. Secondo queste previsioni quindi la data giusta per iniziare le operazioni è il weekend prima di Pasqua, quello delle Palme.

    L’anno scorso sono partita con i tempi giusti ma ho avuto qualche problema con l’ammollo del cereale: per la prima (e temo anche ultima volta) avevamo del grano autoprodotto, nato da seme bio e coltivato con amore e passione nel campo qui sotto (questa storia del grano è interessante e complicata, merita un altro post). Il grano era lì da più di un anno, in attesa di decidere se essere ripiantato, macinato, mangiato dalle galline, e invece è finito nella pastiera. Però alcuni chicchi non hanno reagito all’operazione di ammollo e cottura, sono rimasti duri e quindi hanno dato un effetto ‘croccante’ anche alla pastiera. Negli anni successivi ho acquistato con molto in anticipo del grano tenero bio in grani, calcolando i tempi giusti senza l’ansia di quando fare la pastiera. Da due anni uso il farro bio integrale per comodità e facilità di utilizzo: il risultato è ottimo.

    La ricetta che seguo deriva in parte da quella di Dissapore (nella quale c’è però qualche passaggio oscuro) e in parte da due ricette tradizionali napoletane, una passata da un’amica e una da una collega di mia mamma.

    Con questi dosi si ottengono due pastiere per teglie da 22 cm e una miniporzione per l’assaggio. Attenzione anche alle teglie: meglio usare quelle tradizionali in alluminio, tipo queste che trovate su Amazon.

    Per il grano

    Partiamo quindi prima di tutto dal grano: prima di procedere alla cottura il grano va messo a bagno per 3 giorni, cambiando spesso l’acqua in cui è immerso. Partiamo da 300 g di grano crudo in chicchi, per arrivare, dopo la bollitura, a circa 700 g di grano cotto.

    Dopo l’immersione va bollito in acqua abbondante per almeno due ore, e poi va lasciato raffreddare, meglio se tutta la notte. A questo punto si può procedere con la bollitura con gli altri ingredienti, quindi lo rimettiamo sul fuoco con latte, buccia di limone, cannella e burro e lo lasciamo bollire fino a quando il liquido non si esaurisce.

    • 700 g di grano cotto
    • 500 ml di latte intero
    • la buccia grattugiata di un limone
    • 30 g di burro
    • 1 pizzico di cannella

    Una volta raffreddato metà del grano deve essere passato con il passaverdure, mentre l’altra metà può rimanere in chicchi.

    Mentre preparate il grano procuratevi la ricotta e mettetela a scolare per un paio di giorni. Soprattutto se si tratta di una ricotta fresca perderà molto siero, quindi per arrivare ai 700 g necessari mettetene a scolare almeno 800 grammi.

    Se poi volete esagerare con l’autoproduzione partite anche con i canditi (la mia ricetta la trovate qui), così da averli belli asciutti per metterli nel ripieno. Se invece volete comprarli vi consiglio questi Bongiovanni, buonissimi e provenienti da frutta di origine biologica.

    Per la frolla

    • 500 g di farina debole
    • 250 g di burro freddo
    • 200 g di zucchero a velo
    • 2 uova intere
    • 1 pizzico di sale

    Incominciate a impastare farina e burro, unite quindi lo zucchero e infine le 2 uova sbattute con un pizzico di sale. Fate riposare in frigo per almeno 2 ore.

    Per il ripieno

    • 700 g di grano già cotto (il grano iniziale sarà aumentato di volume e anche di peso, perciò prima di continuare ripesatelo e continuate con le giuste quantità)
    • 700 g di ricotta di pecora già scolata
    • 500 g di zucchero semolato
    • 5 uova intere più 2 tuorli (volendo gli albumi montati a neve da aggiungere dopo)
    • vaniglia
    • acqua di fiori d’arancio (mezza fialetta)
    • 150 g di scorzetta di arancia e limone candita (almeno 3 agrumi)

    Lavorate la ricotta con lo zucchero, quindi aggiungete le uova e i tuorli leggermente battuti con una forchetta, il grano cotto nel latte, l’estratto di vaniglia, l’acqua di fiori d’arancio e i canditi tagliati a cubetti piuttosto piccoli. Mescolate fino ad amalgamare tutti gli ingredienti.

    Prepariamo finalmente la pastiera!

    Tirate fuori la frolla dal frigo e dividetela in tre parti uguali (due per le teglie, l’altra per le strisce di copertura). Stendete la frolla su un piano leggermente infarinato con uno spessore di 4/5 mm e foderate la teglia.

    Versare all’interno della frolla il ripieno di ricotta e grano fino a 1 cm dal bordo e completate incrociando delle strisce di pasta larghe un paio di cm fino a formare dei rombi.

    Cuocete a 170° nella parte bassa del forno, acceso per i primi 30 minuti solo nella parte inferiore. Continuate la cottura per altri 60 minuti con il forno acceso sia sopra sia sotto.

    Spegnete il forno e lasciare riposare con lo sportello aperto per 10 minuti. A questo punto la pastiera è pronta ma prima di essere mangiata deve riposare almeno un paio di giorni in un luogo fresco e buio.

    Al momento di servirla spolverizzate con lo zucchero a velo.

    Migliorie:
    Se il grano dopo la bollitura risulta troppo granuloso passate al passaverdura la metà del quantitativo: il ripieno finale deve risultare abbastanza liquido, tanto da fare la ‘goccia’.

    Il piatto tradizionale del Primo Maggio

    Il Primo Maggio è una festa importante: politica, di piazza, piena di significati ma anche di leggerezza.

    Da queste parti, almeno per una decina di anni, tra le scuole superiori e l’università, la meta del Primo Maggio è sempre stata il concertone di Piazza San Giovanni: un tuffo nella folla, nella piazza piena di musica, a prendere posti con il sole a picco sulla testa, con gli idranti pronti a schizzare, le bottiglie di vino contadino, la metro chiusa, il parcheggio lontanissimo e le marce a notte fonda per rientrare a casa.

    Ma il Primo Maggio è anche il maggetto dei pic-nic con gli amici, delle gite al mare per il primo bagno o delle camminate in montagna senza il caldo torrido dell’estate.

    Ma soprattutto il Primo Maggio è fave e pecorino, obbligatorio, senza se e senza ma! Con il tempo, ospitando amici di varie provenienze ho scoperto che il piatto tradizionale del Primo Maggio è soprattutto del centro Italia: siamo noi di Roma e provincia quelli fissati che non festeggiano il Primo Maggio se non hanno fave e pecorino.

    L’origine della tradizione è abbastanza ignota, ma anche abbastanza semplice a pensarci: cosa c’è di più comodo da portarsi per un pic-nic che una forma di pecorino e un cartoccio di fave?

    Ovviamente sulle fave c’è anche tutto un simbolismo dovuta alla pianta stessa: le fave per gli antichi romani erano simbolo di fertilità e fecondità, e cosa c’è di meglio per festeggiare l’inizio della stagione estiva che mangiare le fave? Ma le fave erano anche il legume collegato all’aldilà e ai defunti, simboleggiavano le anime dei morti e per questo motivo erano utilizzate in numerosi rituali scaramantici.

    Un mix perfetto: scaramanzia e fertilità, come farne a meno? Soprattutto in una giornata come quella del Primo Maggio! A proposito: buon Primo Maggio a tutti!!!

    Tutti gli attrezzi che servono per fare con il panettone

    attrezzi panettone

    Tutti gli anni manca qualcosa, e tutti gli anni aggiungiamo alla lista di attrezzi accessori imperdibili, questo perché una ricetta lunga e complicata come quella del panettone richiede che tutto sia perfetto, che non manchi all’ultimo secondo dopo 2 giorni di lavoro e di lievitazione la forma in più, il ciotolone imburrato, la quantità giusta di uvetta, e via dicendo.

    Qui quindi è dove ricapitoliamo tutti gli attrezzi necessari per fare il panettone: farlo, impastarlo e cuocerlo in casa con un risultato soddisfacente e gustoso! Dico soddisfacente perchè non si può sperare di eguagliare i panettone di Massari, ma si può fare un buon prodotto casalingo.

    Partiamo dagli elettrodomestici indispensabili: forno e impastatrice, senza di questi non si va da nessuna parte. Se poi volete qualcosa di ancora più performante e non avete problemi di budget invece dell’impastatrice classica (Kenwood o KitchenAid) allora potete acquistare una impastatrice tuffante. Le impastatrici tuffanti hanno due braccia di forma differenti che ruotano in senso opposto ma alla medesima velocità; un braccio ha il compito di “prendere” l’impasto, mentre l’altro stende l’impasto, che in questo modo viene ossigenato moltissimo. Ultimamente alcune casa produttrice hanno lanciato versione piccoline di queste impastatrici, come la Miss Baker di Bernardi.

    Per una perfetta lievitazione dell’impasto occorre una temperatura controllata. Lasciare lievitare i vari impasti del panettone a temperatura ambiente è un rischio che non corriamo più: le nostre lievitazioni sono tutte controllate (forno o frigorifero, a seconda del caso). Anche qui ci sono innumerevoli alternative professionali o fai da te. Se siete interessati al fai da te una soluzione che trovate bene illustrata in questo video qui sotto. In questo caso vi servirà un termoregolatore (come questo che trovate a questo link) e una scatola grande di plastica a chiusura ermetica.

    Uno degli ultimi errori fatti è stato quello di sovrastimare la temperatura del forno e tirare fuori il panettone senza aver controllato per bene la cottura. Il risultato è stato un panettone perfetto esternamente, non ben cotto all’interno che al momento di essere posto a raffreddare sottosopra si è smembrato malamente. Il danno molto probabilmente è stato causato da una cottura non ultimata (i panettoni informati erano 3 e hanno creato molta umidità all’interno del forno). Per ovviare al problema tenete sempre sottocontrollo la temperatura con un termometro da forno.

    Infine, non dimenticate lo spillone per panettone!! D’altronde se c’è uno strumento fatto per questo scopo specifico perché non utilizzarlo?! Ecco il link per comprarlo. All’inizio abbiamo utilizzato ferri da maglia, in seguito degli spiedini molti lunghi da barbecue, e solo ora abbiamo capito che avendo un taglio quadrato tendono a ‘ferire’ il panettone e a tagliarne l’interno, rendendolo più soggetto a cadute

    Castagnole facili facili

    A Natale il Panettone, a Pasqua la pizza al formaggio e la pastiera (ma anche la pizza a solchi!) e vuoi non fare qualche dolcetto anche a Carnevale? Ma come no, soprattutto se parliamo di dolci facili da fare e golosi.

    Qui non ci sono lievitazioni lunghe, non ci sono ingredienti insidiosi, c’è solo da accendere la friggitrice e buttarci dentro l’impasto: parliamo delle castagnole facili facili.

    Ecco la nostra ricetta:

    • 2 uova
    • 4 cucchiai di zucchero, ovvero 50 gr di zucchero
    • 2 cucchiai di olio, ovvero 15 gr di olio
    • 1 bicchiere di latte
    • la buccia grattugiata di 1 limone
    • 1 bustina di lievito
    • 2 cucchiai di liquore a scelta
    • 300 gr di farina

    La ricetta standard dice di montare i tuorli con lo zucchero, aggiungere gli altri ingredienti, prima tutti i liquidi, infine la farina e poi unire gli albumi montati a neve.

    La ricetta veloce dice: le uova insieme allo zucchero, montate bene, aggiungete olio, latte, liquore (qui si utilizza unicamente marsala), poi la farina e il lievito e il limone grattugiato.

    A questo punto potete accendere la friggitrice e portarla a circa 170/175° di temperatura; quando l’olio sarà pronto aiutatevi con un cucchiaio e buttate nell’olio bollente le palline di impasto. La cottura è molto veloce: appena le palline verranno a galla potete toglierle (attenzione perché se l’olio è troppo caldo l’impasto all’interno potrebbe rimanere crudo).

    ATTENZIONE: non la friggitrice a aria, ma la classica friggitrice a olio, non credo che l’impasto liquido funzioni in quella ad aria ma mi informerò!

    Appena scolate, ancora calde, passatele nello zucchero: non aspettate che si freddino altrimenti lo zucchero non si attaccherà più.

    Infine, se volete aggiungere calorie alle castagnole facili facili preparate una crema al mascarpone per tenergli compagnia.

    I regali per lavorare: la trafila per la pasta

    trafila bronzo pasta

    Sul fai da te siamo a livelli avanzati in questa casa, ognuno con le sue specializzazioni: passiamo con nonchalance dalla falegnameria alla pittura, passando per la panificazione e il giardinaggio.

    Ma ogni hobby prevede i suoi attrezzi specifici, e così riempiamo la casa e lo stanzino di macchinari che agevolano il nostro fai da te. Attenzione, non sono spese inutili perché utilizziamo tutto: la macchina da cucire, la smerigliatrice, l’avvitatore e la planetaria.

    Ovviamente questi macchinari e i loro accessori semplificano la vita ai parenti in caso di doni natalizi e di compleanno, e così ogni anno si arricchiscono i nostri armadi di accessori imperdibili.

    La planetaria Kenwood ormai gira in casa da quasi 10 anni, degna sostituta di una macchina del pane utilizzata più per impastare che per cuocere. E da 10 anni questa amata planetaria gira almeno una volta al giorno: biscotti, pane e pizza, ma anche il gelato d’estate e da poco la pasta fatta in casa!

    L’ultimo accessorio entrato in casa infatti è stato il torchio per la pasta Kenwood, uno strumento che da farina e acqua tira fuori qualsiasi tipo di pasta, ovviamente se dotato degli appositi accessori venduti nelle loro bellissime scatolette rosse simili a quelle di un anello.

    Ovviamente non è tutto così semplice: non basta mettere farina e acqua, occorre sperimentare, fare un impasto con la giusta umidità e procedere all’estrusione scegliendo la trafila in bronzo che più vi aggrada.

    E qui vi potete sbizzarrire, e potete far sbizzarrire anche parenti e amici, perché Kenwood produce un numero enorme di trafile diverse: spaghetti quadrati, rigatoni, casarecce, orecchiette, fusilli, pappardelle, bigoli. Senza dimenticare la mitica trafila per i biscotti, che ha dato il via alla nostra produzione casalinga di buonissimi e golosissimi krumiri.

    La pizza a solchi di Palombara Sabina

    pizza a solchi palombara sabina

    Se c’è un dolce tradizionale che rappresenta in pieno le tradizioni locali è la pizza a solchi. Talmente locali che si fa solo nel paese qui vicino, Palombara Sabina, il paese dei miei nonni, dove in dialetto viene chiamata ‘pizza a soleca‘.

    La pizza a solchi è un lievitato tipico di Pasqua, e la tradizione è quella di mangiarla durante la colazione pasquale con i salumi o con qualunque piatto si trovi a tavola (con la coratella, con la frittata, con le uova sode, ma anche con la nutella). Insomma è una valida alternativa alla pizza di Pasqua.

    Come tutti i lievitati i tempi sono lunghi: si parte la sera prima con l’impasto base di farina e lievito. La mattina successiva si aggiungono all’impasto tutti gli ingredienti, si impasta energicamente (la nonna lo faceva a mano, noi lo facciamo con la nostra fedele impastatrice!), si divide l’impasto in pagnotte, si pongono le pagnotte su una superficie spolverata di anice (in modo che si attacchi in maniera omogenea) e si lascia ancora lievitare al caldo per 15/16 ore.

    Dopo la seconda lievitazione le pagnotte devono essere capovolte (in modo che l’anice sia visibile sul lato superiore), trasferite nelle teglie e ‘solcate’ con le dita. Dopo un ulteriore riposo di un paio di ore le pizze a solchi sono pronte per essere cotte: 180° per circa un’ora, fino a quando non sono brunite.

    La ricetta che vi riporto è quella ereditata da mia nonna ed è utilizzata da tutta la famiglia. Come si conviene alle ricette di una volta ha dosi un po’ abbondanti: con la ricetta vengono fuori 6 pizze delle dimensioni di una pagnotta, adatte a sfamare famiglie bene più grandi delle nostre!

    Per comodità comunque trovate in coda una ricetta di dimensioni più modeste, per provare e sperimentare anche voi una pizza a solchi.

    Ricetta tradizionale per 6/8 pizze

    Per il primo impasto, da fare la sera prima, occorrono:

    • 1kg di farina
    • 1 cubetto di lievito da 25 g
    • acqua qb (solitamente 500/600 ml)

    Per il secondo impasto invece occorrono:

    • 10 uova
    • 3 kg di farina
    • 1kg di zucchero
    • 2 lieviti di birra
    • 2 bicchieri di latte
    • 2 bicchieri di olio
    • 1 bicchiere di alchermes
    • 1 bustina di lievito per dolci
    • buccia di arancia e di limone grattuggiato
    • anice

    Ricetta ridotta per una pizza a solchi

    Per il primo impasto, da fare la sera prima, occorrono:

    • 170 g di farina
    • 4 g di lievito di birra
    • 100 ml di acqua

    Per il secondo impasto invece occorrono:

    • 2 uova
    • 500 g di farina
    • 170 g di zucchero
    • 8 g di lievito di birra
    • 70 ml di latte
    • 70 ml di olio
    • 35 ml di alchermes
    • 1 bustina di lievito per dolci
    • buccia di arancia e di limone grattuggiato
    • anice

    Cotto e i processi della cucina – Michael Pollan

    cotto michael pollan

    I libri che ci ispirano in cucina sono tanti, e esulano un po’ dai titoli classici, soprattutto perché nel tempo la nostra cucina è diventata sempre di più integrale, in tutti i sensi.

    Tanto spazio alle verdure, ancora di più ai legumi e ai cereali integrali, quasi nessun alimento industriale complesso (e per complesso intendo tutto quello che ha più di 3 ingredienti), poca carne selezionata e cotta nel modo giusto, tanto fai da te: pane, dolci, pasta e conserve.

    Detto questo i libri base diventano quelli che partono dagli elementi base, e che ci aiutano a esplorare con un approccio scientifico anche la cucina.

    E dunque gli autori che apprezziamo di più sono quelli che ci spiegano il perché e il per come; due su tutti Michael Pollan e Dario Bressanini, due scrittori provenienti da background differenti ma che utilizzano approcci esperienziali e scientifici alla materia cibo.

    Michael Pollan è giornalista e scrittore; nei suoi libri ha affrontato diversi argomenti (il giardinaggio, la cucina, nell’ultimo anche l’assunzione di droghe), sperimentando tutto in prima persona, immergendosi nell’argomento e raccontandolo con trasporto e semplicità. Lo ha fatto mentre sistemava il suo giardino in Una seconda natura e mentre imparava a fare il Pit Master o il fornaio a San Francisco. E proprio il libro che racconta di questa esperienza, dei diversi approcci alla cottura del cibo, pieno di riferimenti e con una bibliografia da tenervi impegnati per i prossimi 20 anni, è uno di quelli che più ci ha coinvolto e interessato. Il libro in questione si chiama Cotto e racconta la trasformazione del cibo attraverso quattro elementi e quattro processi diversi: il fuoco per la cottura barbecue, l’acqua per tutto ciò che è stufato o cotto in un liquido, l’aria per la lievitazione del pane, e la terra per la fermentazione di birra,  latte e ortaggi.

    Premesso che Cotto è come una bibbia per chi è appassionato di cucina, segnalamo anche per i poco propensi alla lettura la serie di documentari Cooked disponibili su Netflix, traduzione visiva del libro, dove potrete ascoltare Michael Pollan che racconta con altrettanta maestria gli argomenti del libro.

    Sul nuovo libro di Pollan sulle sostanze psichedeliche, che ancora non abbiamo letto, segnalo anche questo ottimo articolo uscito su Rivista Studio.

    10 errori che si possono fare con il panettone

    errori panettone

    Ogni anno come da tradizione facciamo il panettone, e ogni anno sbagliamo qualcosa… Sarà perché lo facciamo solo una volta l’anno e non 0618abbiamo il tempo di maturare l’esperienza giusta, sarà perché il procedimento è lungo è pieno di variabili e impossibile da controllare completamente, sarà perchè è un dolce difficile, insomma, abbiamo accumulato una lista di errori che compromettono il corretto svolgimento del compito ‘panettone’ e che non vanno assolutamente fatti.

    1. sbagliare le proporzioni liquidi/solidi. Ogni pasta madre ha la sua consistenza, e se se ne utilizza una molto liquida, la quantità di farina va aumentata per conservare la consistenza indicata dalla ricetta.
    2. sbagliare la pirlatura. ci sono tantissimi video su come fare la pirlatura del panettone; noi in particolare ne abbiamo individuato uno che seguiamo pedissequamente. Quando non abbiamo seguito il video il panettone è venuto con un’enorme caverna al centro.
    3. mettere pochi canditi, poca uvetta, poco cioccolato. Il panettone è un dolce ricco e ogni morso deve avere una sorpresa golosa, ma se risparmiate sulle golosità da inserire all’interno risulterà poco ricco e poco goloso.
    4. non controllare la temperatura della lievitazione. Lasciare lievitare i vari impasti del panettone a temperatura ambiente è un rischio che non corriamo più: le nostre lievitazioni sono tutte controllate (forno o frigorifero, a seconda del caso).
    5. non avere le forme giuste. Le forme del panettone non sono facili da trovare, perciò procuratevele in anticipo, e soprattutto scegliete quelle per il panettone basso, più facili da gestire.
    6. usare le forme di alluminio. Un anno per risolvere il problema della caccia alla forma abbiamo comprato quelle in alluminio, ma il risultato non è stato soddisfacente: la carta fa disperdere l’umidità dell’impasto, mentre l’alluminio la trattiene. Quando poi si arriva alla fase in cui bisogna mettere il panettone a testa in giù non è certo facile traforare la teglia di alluminio! Le forme però si sono dimostrate perfette per la pizza di Pasqua al formaggio.
    7. sovrastimare la temperatura del forno. Uno degli ultimi errori fatti è stato quello di sovrastimare la temperatura del forno e tirare fuori il panettone senza aver controllato per bene la cottura. Il risultato è stato un panettone perfetto esternamente, non ben cotto all’interno che al momento di essere posto a raffreddare sottosopra si è smembrato malamente. Il danno molto probabilmente è stato causato da una cottura non ultimata (i panettoni informati erano 3 e hanno creato molta umidità all’interno del forno).
    8. utilizzare per appendere il panettone a testa in giù spiedini taglienti… all’inizio abbiamo utilizzato ferri da maglia, in seguito degli spiedini molti lunghi da barbecue, e solo ora abbiamo capito che avendo un taglio quadrato tendono a ‘ferire’ il panettone e a tagliarne l’interno, rendendolo più soggetto a cadute. La soluzione è lo spillone per panettone!! D’altronde se c’è uno strumento fatto per questo scopo specifico perché non utilizzarlo?! Ecco il link per comprarlo.

    9. utilizzare cioccolato a pezzi non uniformi. Non basta utilizzare la tavoletta di cioccolato spezzettata perchè i blocchi non uniformi creano ‘pesi’ diversi nell’impasto. Meglio utilizzare gocce di cioccolato o fave di cioccolato tipo queste buonissime della Valrona.

    Fin qui tutti gli errori fatti finora, ma sono certa che non ne mancheranno altri, prima di arrivare al panettone perfetto!